giovedì 1 dicembre 2011



ARTE E PSICOPATOLOGIA





CREARE significa produrre qualcosa di "originario" che abbia un suo potenziale di fruibilità, riconoscibile per consenso da parte della comunità. Il prodotto creativo è quindi caratterizzato da tre elementi:

-Novità

-Fruibilità

-Consenso

Ciò che è creativo è in qualche modo originario, distinguendosi dalla tradizione ma confrontandosi con essa. Originalità, creatività, eccentricità rispetto alla tradizione ed eccellenza nel produrre caratterizzano quelle personalità che chiamiamo geni. Queste personalità sembrano associarsi ad un più alto rischio di sofferenza psichica, sofferenza che può arrivare all’evoluzione più drammatica, cioè la morte per suicidio. Ricordiamo tra gli altri il poeta e scrittore Cesare Pavese, il narratore americano Ernest Hemingway, il filosofo Walter Benjamin, il pittore Vincent Van Gogh.

La relazione tra creatività e follia costituisce enigma che affascina ed inquieta il pensiero occidentale da millenni. La prima formulazione che conosciamo di questo quesito risale ad una nota inserita nel canone aristotelico, che conosciamo con il nome di problemata XXX. "Perché tutti gli uomini eccezionali, nell’attività filosofica e politica, artistica e letteraria, hanno un temperamento melanconico, alcuni a tal punto da essere perfino affetti dagli stati patologici che ne derivano?"

Tra gli esempi citati vi sono quelli dei filosofi Empedocle, Socrate e Platone. Il testo descrive ampiamente le caratteristiche della melanconia, malattia mentale tra le più gravi tra quelle note ai greci, e che oggi è classificata tra i disturbi dell’umore, essendo inclusa nella sindrome depressiva e nella psicosi maniaco-depressiva.

La risposta che lo pseudo Aristotele dà al quesito da lui stesso formulato è che "i melanconici sono persone eccezionali, non per malattia ma per natura". Non è la malattia che li fa grandi, dunque, ma è la loro grandezza che è tale da superare la malattia.


Il tema del legame tra creatività e follia attraversa fortune alterne nella storia dell’Occidente, fino a scomparire nel Medio Evo, quando la fedeltà alla tradizione salva dalla barbarie; riaffiorerà prepotente nel Rinascimento. L’affermarsi del nuovo Umanesimo si accompagna ad una riconsiderazione del ruolo dell’individuo in quanto autore del proprio destino, con una riformulazione anche delle caratteristiche che contribuiscono a definire le sue capacità creative. Non è più l’eccellenza, come per Aristotele, il motore della creatività, bensì la capacità di essere originali. E’ ritenuto dai pensatori dell’epoca che la melanconia favorisca l’essere originali, in quanto la melanconia permetterebbe l’accesso agli stati meditativi.


Petrarca, primo poeta dell’era moderna che si riconosce dotato di genialità creativa, e si attribuisce il diritto di essere riconosciuto come "poeta laureato" così come gli antichi poeti latini e greci, e che soffrì di ricorrenti episodi depressivi, proprio agli albori del Rinascimento ammise che "non esiste alcun ingegno se non mescolato alla pazzia" (dalla Epistola metrica a Zoilo).


Durante il Romanticismo il tema subisce nuova trasformazione ed è la sregolatezza della passione, che già aveva tormentato artisti come Michelangelo e Caravaggio, ad alimentare insieme il fuoco della creazione artistica ed il tormento della follia. Genio e follia formano quindi il binomio necessario per il produrre creativo fino alla leggenda dell’artista incompreso, tenuto per folle perché troppo eccentrico rispetto alla tradizione. L’esempio di Lord Byron diventa prototipo dell’artista romantico che trova realizzazione solo nell’eccesso. Come dimostrato dalla Jamison, una delle maggiori ricercatrici del campo, Byron apparteneva ad una famiglia gravata dalla patologia mentale.


Durante il Positivismo, reazione al Romanticismo, la relazione fra genio e follia verrà indagata nella direzione opposta, nel tentativo cioè di comprendere cosa accomuni fra loro la creatività geniale, la devianza e la follia. Cesare Lombroso, padre della moderna criminologia, in quel periodo formulò l’ipotesi che un’unica relazione accomunasse il genio, il folle ed il criminale come tipi particolari di devianza dalla media della popolazione generale. Tale tendenza all’eccesso avrebbe base ereditaria e spiegherebbe il ricorrere nelle medesime famiglie di personalità eminenti per creatività e personalità bizzarre nei comportamenti.


In realtà la tendenza alla familiarità per la creatività e la familiarità per alcune malattie mentali è un dato riconosciuto, ma di cui si ignora la base costitutiva. Le ipotesi di Lombroso vennero dibattute con studi che ne confermarono in alcuni casi i fondamenti ed altri che ne contestarono la validità. Lo psichiatra inglese Havelock Ellis, per esempio, in uno studio condotto su oltre 2000 personaggi eminenti britannici rilevò solo il 5% di psicosi, contestando così le conclusioni di Lombroso, e affermando, al contrario, che il genio per essere tale richiede una adeguata integrità psico-fisica.


Studi successivi, condotti con metodologie più accurate, confermarono però che le professioni più creative, sia nel campo dell’arte che della ricerca scientifica, erano gravate da un maggior rischio di patologia mentale e di mortalità per suicidio. In particolare uno studio monumentale condotto in Germania, durante gli anni ’30 ma pubblicato solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, su oltre 5000 personalità di cui vennero indagate la biografia e i destini familiari, osservò un legame tra creatività artistica e disturbi dello spettro schizofrenico e tra creatività scientifica e ciclotimia. Tale associazione si estendeva anche ai discendenti, confermando la familiarità del legame. L’autrice dello studio, Adele Juda, suggerì l’esistenza di una specificità della trasmissione familiare del talento creativo.
Per esempio musicisti hanno per discendenti musicisti, matematici progenie con attitudini matematiche.

Negli anni ’60 lo psichiatra Karlsson condusse un analogo ed esteso studio fra tutti coloro che, nati in Islanda, erano citati nel Who ‘s Who, repertorio delle personalità eminenti. Karlsson osservò una familiarità elevata per schizofrenia nelle famiglie più eccellenti d’Islanda. Il rischio non riguardava specificatamente le personalità più creative ma i loro familiari. L’autore ipotizzò che il medesimo fattore di natura biologica trasmissibile per via ereditaria potesse favorire da una parte lo sviluppo di associazioni mentali inusuali e quindi creative, ma dall’altra implicasse un rischio maggiore di sviluppare malattie mentali. 


A questi studi ne fecero seguito altri che esplorarono in dettaglio il ruolo di particolari disturbi mentali in attività creative specifiche. Nancy Andreasen, eminente psichiatra Americana che studiò letteratura prima di dedicarsi alla medicina, condusse con i suoi collaboratori durante gli anni settanta una serie di studi volti a caratterizzare lo stile di pensiero di alcuni scrittori, soliti partecipare ai seminari di scrittura creativa dell'Università dello Iowa. Contrariamente all'ipotesi iniziale, che prevedeva una aumentata incidenza di schizofrenia tra le personalità artistiche, la Andreasen osservò una prevalenza elevata di disturbi dell'umore tra gli scrittori studiati. 


Analogamente, una aumentata frequenza di casi di depressione o di psicosi maniaco-depressiva fu osservata da Kay Jamison, una delle maggiori ricercatrici nel campo dei disturbi dell'umore, in uno studio da lei condotto tra alcuni eminenti poeti Britannici. Anche Joseph Schildkraut, uno dei padri della corrente "biologica" in psichiatria, osservò una elevata frequenza di casi di disturbi dell'umore in uno studio dedicato ai pittori dell'Espressionismo Astratto Americano. Risultati simili furono riferiti anche da Arnold Ludwig in uno studio condotto su oltre 1005 personalità eminenti in campo creativo del ventesimo secolo, e da Felix Post, psichiatra emerito Britannico, in uno studio biografico dedicato a 291 uomini "eccellenti" per ingegno e creatività vissuti negli ultimi due secoli.


Al di là dei risultati, il quesito sul legame fra creatività e psicopatologia rimane sempre aperto. Secondo alcuni autori la relazione fra creatività e psicopatologia è solo apparente, influenzata da errori metodologici, dovuti al fatto che la maggior parte degli studi si basa su biografie. Le personalità che spiccano sulle altre sono anche più esposte alla rivelazione di particolari privati della loro vita, inclusa la presenza di malattie mentali, che normalmente, a causa dello stigma negativo che le contraddistingue, vengono occultate. Questo vizio da sovraesposizione condizionerebbe la apparente maggiore prevalenza di disturbi mentali tra le personalità eminenti per creatività. In realtà i disturbi mentali sono relativamente diffusi, coinvolgendo circa il 25% della popolazione generale.


Secondo altri autori, invece, la maggior frequenza di disturbi mentali in chi svolge attività creative è un dato reale. Utilizzando i dati di mortalità per suicidio, per esempio, il sociologo Steven Stack ha osservato negli Stati Uniti un rischio quasi tre volte superiore fra coloro che sono registrati come artisti rispetto a coloro che svolgono professioni manuali o impiegatizie. Il rischio di mortalità per suicidio, che nella stragrande maggioranza dei casi è associato a malattia mentale, risulta distribuito in maniera ineguale a seconda dell’attività creativa. Ci sarebbe un rischio maggiore fra poeti e letterati rispetto a pittori e scultori, e ancor più basso sarebbe fra gli architetti


Se la relazione tra creatività e psicopatologia è reale, in che modo la psicopatologia influenza l’espressione creativa?


Abbiamo detto prima che una delle caratteristiche della creatività è ottenere consenso per i propri prodotti. Secondo un’ipotesi, la malattia mentale favorirebbe l’autoaffermazione. In effetti esistono alcune situazioni nelle quali individui sofferenti di patologia mentale con tratti paranoidei non particolarmente grave, riuscirebbero meglio dei sani ad acquisire la leadership in un gruppo. Anche i maniaco-depressivi sembrano avere una particolare propensione ad eccellere, soprattutto quando provenienti da ceti sociali già avvantaggiati. Nell’anoressia nervosa si riconosce una particolare tenacia nel raggiungimento dei propri obiettivi, che potrebbe spiegare l’emergere di questi soggetti in professioni competitive come quelle delle ballerine o delle modelle.

Un’altra ipotesi sostiene che la malattia mentale favorisca di per sé la creatività. Al proposito sono citati come esempio la tendenza ad associazioni di idee inusuali nella schizofrenia, che favorirebbero l’emergere di idee originali, e ciò sembra vero almeno nel campo della ricerca scientifica in cui si contano alcuni grandi scienziati (un esempio è costituito dal nobel per l'economia Nash) che soffrivano di schizofrenia. Il flusso accelerato nella mania potrebbe anch’esso favorire la creazione artistica, soprattutto in campo letterario (Stream of consciusness di Joyce); l’accesso a stati meditativi ed al ragionamento potrebbe invece essere favorito dagli stati depressivi. E’ stato dimostrato in effetti che soggetti depressi, non gravi, hanno una maggiore capacità di giudizio rispetto ai sani, soprattutto in situazioni ambigue.


La malattia mentale potrebbe favorire la creatività in via indiretta, attraverso processi di disinibizione. Molti disturbi mentali, infatti, si accompagnano ad impulsività; questo potrebbe facilitare l’impegnarsi in progetti che altrimenti non verrebbero mai iniziati. Fenomeni di facilitazione sono peraltro descritti per specifiche capacità: esistono descrizioni cliniche di persone che dopo un ictus che aveva leso una parte ristretta della zona limbica, area deputata al controllo delle emozioni, avevano sviluppato interessi artistici, in particolare nel campo della pittura, che prima mai avevano coltivato. Particolare talento in ambito grafico sembrano possedere anche bambini autistici, peraltro privi di capacità relazionali. 



Un effetto di tipo disinibitorio è riconosciuto anche per sostanze come l’alcool, la cocaina ed altri agenti psicoattivi (le "droghe"). Un numero ampio di poeti e scrittori, ma anche di pittori, soffrì di alcolismo (tra gli altri Hemingway). Un ruolo delle droghe è riconosciuto anche nella creatività nel campo della musica moderna, ma in questo caso è dubbio se abbiano agito in senso favorente la creatività o siano state usate a scopi autoterapici.


Alcuni aspetti della malattia mentale potrebbero infine incrementare la creatività per un effetto di massa, in quanto sarebbe aumentata la produttività, cioè il numero di oggetti prodotti. E’ una caratteristica della schizofrenia la perseverazione, cioè la ripetizione di parole, gesti o comportamenti. Anche nella mania c’è una tendenza ad un aumentato coinvolgimento in attività di ogni genere (affaccendamento).


Interpretazioni sociologiche attribuiscono il legame tra creatività e malattia mentale ad un processo di selezione nella scelta della professione. Poiché le attività creative possono essere discontinue, esse sono anche compatibili con le irregolarità e le ricadute della malattia mentale. E’ possibile quindi che si selezionino in queste professioni soggetti sofferenti di un disturbo mentale.

Un’altra ipotesi ancora sostiene che la professione creativa, in quanto espone all’insuccesso e alle difficoltà economiche, favorirebbe lo sviluppo di disturbi mentali, soprattutto di tipo ansioso o depressivo. Sappiamo infatti che lo stress favorisce il precipitare di disturbi psichici. In alcuni casi, ad esempio, insuccessi legati all’attività creativa hanno condotto al suicidio, per esempio lo scrittore Morselli.


Un’ipotesi di tipo biologico, al contrario, suggerisce che un medesimo fattore favorisca le capacità cognitive legate alla creatività, ma condizioni anche un rischio maggiore di sviluppare disturbi mentali. I circuiti della dopamina, ad esempio, sono coinvolti nei processi di selezione del segnale e delle informazioni come anche nei processi di memoria. Una loro instabilità, però, è osservata nelle reazioni anomale allo stress, nella depressione e nella schizofrenia.

In una prospettiva terapeutica è interessante l’ipotesi che vede la relazione tra creatività e psicopatologia in direzione opposta a quella fin qui descritta. Secondo la nostra ipotesi, la creatività eserciterebbe un effetto protettivo sulla psicopatologia. Chi ha il dono di sapersi esprimere creativamente in virtù del potere di integrazione dei vissuti nell’agire creativo tollererà meglio la sofferenza mentale. Per conseguenza sarà più facile che un soggetto creativo superi le conseguenze negative della malattia mentale e conservi la capacità di essere produttivo in una forma condivisibile ai più. 

Noi sappiamo che la malattia mentale compromette non solo l’adattamento socio-relazionale, ma anche la capacità stessa di organizzare la comunicazione tra mondo interno e realtà esterna. L’evento creativo in qualche modo ripristina la capacità comunicativa in quanto attinge alla dimensione simbolica dei vissuti interni, guidandone l’espressione all’interno dei limiti formali che sono propri della specificità tecnica adottata (il pittore dovrà conoscere la tecnica pittorica, il musicista le regole della composizione e così via).


Ed è proprio questa felice unione fra il magma polivalente dei simboli e i limiti imposti dalla tecnica che dà origine o permette il ripristino del potenziale di comunicazione che la malattia mentale potrebbe aver interrotto. Per esempio la associazione simbolica del delirio può trovare un senso ed un ordine nell’immagine visionaria fissata dalla parola poetica. 


Già Otto Rank, allievo prediletto e poi ripudiato di Sigmund Freud, riteneva che la creazione artistica traesse spunto dai conflitti irrisolti dell’inconscio, che trovavano soluzione formale in forma sublimata nell’oggetto artistico. Tale prodotto poteva a sua volta esser goduto come piacere estetico da parte dei fruitori, che avevano modo di proiettare nell’opera finita quelle tensioni e contraddizioni che appartengono al mondo interno di ognuno. Un’interpretazione, questa, che richiama quella aristotelica della catarsi delle emozioni. Secondo Aristotele l’opera teatrale della tragedia esercitava il suo potere intellettivo sullo spettatore proprio perché l’azione dei personaggi permetteva lo sciogliersi delle tensioni emotive accumulate nella vita quotidiana.

Esiste un mito greco sull’origine della parola simbolo, che conserva un fascino inalterato dal trascorrere dei tempi. Simballein in greco significa <riunire>. Il mito racconta che in tempi antichi, quando due amici si separavano per andare incontro al proprio destino spezzavano in due una tavoletta con inciso un cartiglio (un disegno particolare, unico per ogni coppia di amici); questa tavoletta era chiamata <simbolon>. Se in un futuro lontano si fossero ritrovati, trasformati dalle circostanze della vita, essi avrebbero potuto riconoscersi mettendo insieme i due frammenti dell’originale "simbolon", il cui cartiglio avrebbe ritrovato significato proprio da questo ricongiungimento.

Il disagio psichico può essere occasione per il paziente di giungere a contatto, pur nella sofferenza, con aspetti del proprio Sé che altrimenti a lui resterebbero ignoti, come sono ignoti alla maggior parte delle persone ritenute "sane". Numerosi studi sulla creatività sottolineano l’importanza dell’esperienza della malattia mentale per lo sviluppo di quelle attitudini immaginative e di innovazione che sono caratteristiche della produzione creativa.


Passo successivo all’agire creativo a scopi terapeutici è il completo riappropriarsi della capacità di comunicazione che prescinda dal continuo confronto con i lati bui della nostra mente. Nel parlare e nel vivere quotidiano, infatti, non sentiamo la necessità di decodificare i simboli del nostro mondo interno, che affiorano spontaneamente nei nostri atti.

Andrea Spadoni



B I B L I O G R A F I A

Prinzhorn Hans, L’arte dei folli, Mimesis, 1991
Marinelli S. Tosatti B. (a cura di), Carlo, Marsilio, Venezia, 1992
Tosatti Bianca (a cura di), Figure dell’anima, Mazzotta, 1997
Bedoni G. Tosatti B. (a cura di), Arte e psichiatria, Mazzotta, 2000
Andreoli V. Marinelli S. (a cura di), Carlo Zinelli, Marsilio, Venezia, 2000
Borgna Eugenio, L’arcipelago delle emozioni, Feltrinelli, Milano, 2001

martedì 29 novembre 2011



Bene….
Cari amici del blog….giorni fa sono incappato in un’articolo del prof. Righetti che mi ha portato a riflettere sul legame che esiste tra mente e materia….Gli ho chiesto se gli avrebbe fatto piacere recensire il suo articolo nel blog e vista la sua risposta affermativa non mi sono lasciato scappare l’occasione di sottoporvelo ringraziandolo….buona lettura!!!!
Andrea Spadoni

L'ENERGIA PSICHICA PUO' INFLUIRE SULLA MATERIA?
Da noi occidentali la parola energia è poco usata e comunque non specifica niente; in altre culture è sinonimo di vita, di flusso, di canali naturali del corpo umano e di tutto ciò che vive.
Ogni forma di esistenza nell universo ha la possibilità di risuonare di una qualche forma di energia.
La formula di Einstein che lega l energia alla massa, ci può aiutare ad accettare la parola energia come il fattore principale che tende a riequilibrarsi, come nell universo, così nel corpo umano per l armonia della vita.
Un corpo umano che noi riconosciamo nella sua dimensione fisica come oggetto concreto, può rivelarsi, nella sua struttura subatomica, un insieme armonico di onde, perciò "subisce" e risuona in armonia con le tipologie energetiche che gli sono più affini.
I fisici classificano come quanta tutti i fenomeni subatomici che si comportano sia come onde che come particelle, ad esempio gli elettroni.
Se le particelle subatomiche che sono i principali costituenti della materia e dell universo che conosciamo, si comportano come onde, è ovvio considerarle sensibili al "comportamento" di altre onde come quelle sonore o dei campi elettromagnetici.
È stato provato che l atto dell osservazione influisce sulle proprietà dei fenomeni subatomici , gli scienziati ammettono che l unico momento in cui i quanta si manifestano come particelle è quando li guardiamo, altrimenti sono onde.
Alcuni scienziati credono che l universo stesso sia una sorta di ologramma gigante.
Osservando la parte infinitesima, l atomo, si svelano le dinamiche dell universo.
Poiché tutta la materia, che percepiamo con i sensi, è costituita da elementi subatomici che si comportano come onde di energia, possiamo considerare che scaturisca dall interferenza o interazione del moto vibratorio di tali onde (ogni fenomeno simile a quello delle onde, inclusa luce e onde radio, può creare uno schema di interferenze).
L ipotesi di fonti d onda interferenti del modello olografico della realtà semplifica la comprensione di molte ricerche, per esempio:
- la mente può influire psichicamente con la realtà materiale (del 1987 della Prenceton University );
- le sincronicità, il dottor D. Peat in Syncronicity: The Bridge between Matter and Mind, del 1987: " rivelerebbe l intima connessione dei nostri processi di pensiero al mondo materiale";
- il cervello umano ha l abilità di sperimentare sensazioni in punti di spazio dove non esiste alcun recettore sensorio, fuori dal corpo;
- il cervello codifica i movimenti in un linguaggio di forme d onda di Furier, cioè trasforma il significato sensorio in un linguaggio di frequenze, (di Pribram, con gli esperimenti dello scienziato russo Nicolai Bernstein);
- la corteccia visiva lavora come una sorta di analizzatore di frequenze, numero di oscillazioni al secondo alle quali un onda è soggetta, (questo suggerì che il cervello potesse funzionare allo stesso modo di un ologramma).
La particolarità del modello olografico calza perfettamente col concetto greco di simbolo, due pezzi di una "tessera", ciascuno rappresentante l intero. L unione dei termini syn (insieme) e ballein (mettere) sottolinea l idea che l estraneo deve essere unito al famigliare per costruire un ponte di significato tra ciò che è conosciuto e ciò che è sconosciuto.
Il fisico F. A. Wolf ritiene che il modello olografico ci permetterà di sviluppare una fisica della coscienza per esplorare diversi livelli di esistenza appartenenti alle diverse dimensioni .Nel XVIII secolo il fisico tedesco Emst Chladni applica sulla cassa armonica di un violino una lamina di metallo su cui cosparge della sabbia; suonando lo strumento la sabbia si dispone in forme geometriche che si modificano quando si cambia l altezza della nota. Nasce la Cimatica, la scienza che studia l influenza del suono sulla materia. Nel XX secolo lo scienziato svizzero Hans Jenny sperimenta gli effetti delle vibrazioni sonore di ogni tipo sui più diversi materiali. Scopre che determinati suoni corrispondono sempre alle stesse figure geometriche; inoltre sperimenta che pronunciando i suoni di antichi linguaggi, come il sanscrito, le figure che si producono disegnano il simbolo alfabetico che si pronuncia. Un altra scoperta rivela che alcuni suoni producono disegni molto simili alle strutture cellulari degli organismi viventi.
Lo scienziato H. Janny è convinto che la vita sia il risultato dell interazione delle vibrazioni di ogni cellula, per lui ogni cellula ha il proprio suono, la propria nota.
Il dottore Victor Beasley afferma che ogni cellula (del corpo umano) ha un campo magnetico che interagisce con quello delle cellule simili; per un fenomeno di risonanza si aggregano gli atomi simili per costituire le cellule dei diversi tessuti. Quindi il buon funzionamento dell organismo dipende da una buona risonanza delle strutture atomiche.
L acqua è una sostanza che può aiutare l uomo ad armonizzare le proprie strutture organiche.
L acqua è un elemento vivo che assorbe, mantiene e trasmette l informazione ricevuta. Le foto dei cristalli d acqua rivelano un "volto" dell acqua, sembrano dare forma alle emozioni.
La qualità della fonte di energia con cui è stata trattato questa sostanza va a strutturare il cristallo d acqua; ad una determinata qualità o emozione corrisponde una determinata forma geometrica.
Lo studio del ricercatore Masaru Emoto rivela la facilità con cui l uomo trasmette all acqua i propri sentimenti, ma, allo stesso modo, si suppone che l acqua abbia la facoltà di trasmettere all uomo la propria elaborazione dell impressione ricevuta.
Anche senza riconoscere immediatamente il significato della simbologia manifesta dai cristalli d acqua, è naturale credere che essa, bevuta, trasmetta l informazione al corpo umano che è formato del 70% di acqua.
È possibile dimostrare una relazione tra il pensiero e la forma dei cristalli dell acqua, allo stesso modo si può ipotizzare che il pensiero dell uomo influenzi la struttura del proprio corpo, cosa prevedibile anche dall esperienza delle emozioni che inducono produzioni ormonali anomale. La capacità di ridurre in forma un sentimento accomuna l uomo all acqua e come questa fa vibrare in infinite forme poliedriche i suoi cristalli, così l uomo può far risuonare nella danza del corpo e nelle sue forme le infinite sfumature dei propri sentimenti.
Due eminenti studiosi di psicocinesi, ritengono che la realtà stessa sia l effetto dell interconnessione fra gli aspetti della coscienza simili a onde e le configurazioni d onde della materia .
Gli studi di alcuni neurofisiologi di S. Francisco rivelarono che il cervello genera gli impulsi per compiere un movimento prima della decisione cosciente.
Altre ricerche della fisiopatologa e chinesiologa V. Hunt, hanno rivelato un campo di energia irradiato dal corpo, con freq. tra i 100 e i 1600 cps , che risponde agli stimoli prima del cervello, prima che compaia sull EEG. Per la ricercatrice la mente si trova nel campo energetico.
"La materia considerata inanimata, i quanta, gli elettroni nei plasma e negli stati differenziati come quello della superconduttività, mostrano comportamenti tanto coordinati, più simili a un balletto che a una folla di persone non organizzate.
Lo scienziato Bohm fa presente che la vita e l intelligenza sono presenti non solo in tutta la materia ma, "nell energia, nello spazio, nel tempo, nella struttura dell intero universo; come ciascuna porzione dell ologramma contiene l immagine dell intero, ogni porzione dell universo cela l intero".
Di questo universo cosa conosce l uomo?
Noi non vediamo tutto quello che c è, le onde di luce che si muovono obliquamente rispetto a noi non le percepiamo, è nero, vediamo quella che viene verso di noi, bianca. La luce è dappertutto, ma non la percepiamo sempre, sarebbe accecante.
Si credeva che lo spazio fosse vuoto? Bene, ecco i costituenti ipotizzati: ora, oltre al 4%, che equivale alla parte atomica che riconosciamo, ne abbiamo catalogato un 23% di "materia oscura" e il restante 73% l abbiamo denominato, per completare il quadro e far tornare i calcoli, come "energia oscura". Il 23% è necessario come massa gravitazionale che permette di eguagliare la forza centrifuga degli "oggetti" che compongono le galassie , la massa gravitazionale è da 5 a 20 volte maggiore alla massa visibile. Il 73% serve come energia accelerante, di propulsione per sostenere l incremento della velocità di espansione dell universo o comunque è il motivo della repulsione tra i "corpi celesti".
Allora la maggior parte dell universo resta "oscuro" o perlomeno intuitivo; l antica letteratura induista spiega che la materia è composta da anu o atomi e dice che le sottili energie vibratorie del campo energetico umano esistono paramanu, al di là dell atomo.
D. Bohm crede che a un livello subquantistico, paramanu, vi siano molte energie sottili ancora sconosciuto alla scienza. Ma ciò che sembra conosciuto non si sa cosa sia, dice Bohm : "cos è un campo elettrico? cosa sono gli elettroni? Si possono solo descrivere" . Lo stesso vale per il campo gravitazionale, si può solo descrivere. Così è per il campo energetico dell uomo, a mano a mano che viene scoperto viene definito in termini di comportamento.
Dove si trova allora la coscienza? È nell uomo e passa poi nella materia o è già insita nelle particelle subatomiche, quando si manifesta come onde con determinate frequenze di pulsazioni, quando ne guida la direzione e ne definisce tutte le caratteristiche che ce la manifestano come quella determinata onda.
D. Bohm crede che la coscienza sia una forma più sottile di materia e questo spiega perché i plasma possiedono alcune delle caratteristiche degli esseri viventi.
Ogni onda che vibra allora può essere considerata una forma di coscienza?!
La presenza di pensieri, di azioni immaginarie nella mente, non rimane un processo puramente mentale, perché essi sono inseparabili da un gran numero di processi biologici relativi, l eccitamento dei nervi, la frequenza cardiaca, il rilascio di adrenalina e di altri ormoni, la tensione muscolare e così via. L informazione contenuta nel pensiero è allo stesso tempo un attività neurofisiologica, chimica e fisica.
Molti scienziati tra cui D. Bohm sostengono che ogni cosa comunica con tutto attraverso uno spazio "pieno", colmo di luce e di altre onde elettromagnetiche che si intersecano e interferiscono tra loro costantemente.
Esiste uno scambio di informazioni e quindi la capacità di rispondere al significato e di fare uso attivo di informazioni da parte di tutta la materia e di ciò che vibra come energia, elettroni ed elementi subatomici..
Per chi sa comprenderlo il mondo diventa il linguaggio divino: Adamo aveva ricevuto da Dio la conoscenza di tutta la natura e gli esseri viventi, perciò poteva nominarli (Genesi, II, 19-20). in tutte le tradizioni antiche si insegna che il vero nome di un essere non è che una sola cosa con la sua natura, la sua essenza.
Se ci rifacciamo alle parole del Vangelo di san Giovanni, "in principio era il Verbo" possiamo considerarlo come logos, pensiero e parola che attraverso la creazione si manifesta; la natura si può allora considerare come simbolo della realtà soprannaturale o della realtà prima.
Prendiamo ad esempio una parola, anch essa è parte della vita, la ascoltiamo emergere dal silenzio, prendere forma e realizzare, attorno a un nucleo centrale, una struttura che ha una propria forza e una direzione.
Questa cosa che esiste, vive, è vibrazione, produce una spinta, è un energia determinata, possiamo definirla come un "impulso ad esistere" e condiziona tutto l esistente.
Ma il dialogo dell uomo con l altro e con la natura resta confuso, perché?
La confusione nasce quando, per raggiungere uno scopo, si cammuffa l intenzione; la vita rivela sempre le proprie intenzioni, le qualità, i valori utilizzati, le forze messe in gioco; informa sempre su ciò che è presente, basta ascoltare e allora si scoprono le incoerenze, gli imbrogli.
L uomo che sceglie di aderire al proprio sentimento sarà sostenuto nelle proprie azioni da una forza che ha origine nel proprio motivo esistenziale e che orienterà la sua vita per realizzare i vari obiettivi. È essenziale restare coerenti al proprio motivo esistenziale. Quando ci si discosta e si fanno scelte che non ci appartengono, si compie lo stesso un cammino di conoscenza, ma senza un sostegno adeguato alle azioni.
Ogni azione ha all origine un intenzione che determina il modo di esserci, la qualità dell agire, del parlare o del pensare.
Tutto ciò che esiste vibra e fluisce nelle risonanze
La natura naturalmente comunica, passa informazioni vere, continuamente, infinitamente. Quando un energia è stata creata, ad esempio come pensiero, esiste e non potrà sparire finché non avrà compiuto il suo ciclo, manifestandosi o rivelandosi in un processo di risonanza.
Gli elementi della vita si mantengono informati; ciò che è creato è una forza che ha una direzione, un intenzionalità, proprie qualità e dovrà compiere inevitabilmente il proprio cammino esistenziale o percorso evolutivo per farsi conoscere e creare esperienza.
Un onda emessa vibra della propria frequenza con una particolare lunghezza d onda e una determinata forma; queste sono le informazioni che porta. Non cambia le proprie caratteristiche, marca il suo cammino, lasciando un solco sul piano dell esistenza.
Quando una informazione non viene compresa o digerita e quindi assorbita, allora questa resterà attiva, perché non consumata e trasformata in una forma di energia più evoluta.
RIASSUMENDODa ogni parte sembra giungere questo suggerimento, di imparare a conoscerci riconoscendo l infinita e perfetta intelligenza del corpo umano, delle cellule che lo compongono; perché la fiducia nella vita cresce con la conoscenza della vita. Questo può aiutarci a vivere meglio e a guarire le ferite che ci siamo causati.
La vita fiorisce continuamente in tutto ciò che esiste e si presenta come energia nella forma di un onda che vibra e fluisce da un corpo all altro o da una sostanza all altra come una risonanza, ciò avviene che noi riconosciamo o meno una soluzione di continuità tra i differenti elementi.
Per un motivo di dialogo risonante, tutta la materia si impregna del nostro pensiero, del nostro modo di percepire il mondo, di reagire nel confronto col quotidiano.
A questo punto alla grande domanda "cos è la vita?", è naturale rispondere che diviene ciò che noi ne facciamo, essa è lo specchio dell agire dell uomo.
È necessario perché tutto questo avvenga in modo armonioso, creare un minimo spazio libero e disponibile ad accogliere la nuova "creazione". Un suono, una parola sono molto più efficaci se immersi nel silenzio e allo stesso modo un corpo che danza è molto più apprezzabile nelle sue movenze, quando sono chiare le linee di forza disegnate dagli arti e dal tronco.
La vita è consumata senza che si comprenda pienamente il senso delle infinite parti o esperienze che la compongono.
Sembra scorrere troppo velocemente, la ingolfiamo con troppi preconcetti e la ingombriamo di un infinità di cose inutili, quali azioni, parole, pensieri. Intossicati da una valanga di stimoli, diventiamo incapaci di cogliere il valore delle "cose" che ci vengono offerte, parole, immagini, forme.
Scoprire le qualità necessarie a produrre una attività, una forma o un progetto ci permette di reclutare le giuste forze e i più adeguati mezzi per realizzarla.
Ogni forma vibra di un energia che ha una precisa qualità, per coglierla e identificarla più facilmente è possibile ricondurla a un simbolo: l essenza della forma pura che rivela direttamente all osservatore tutto di sé.
Il simbolo riconduce all origine del proprio motivo esistenziale l uomo che sa ascoltare, a lui il privilegio di comprendere la verità vivendola.
RIVALUTARESvelare l ignoranza aiuta a riconoscere nuovi valori della vita.
L ignoranza nasconde grandi potenziali di crescita e svelarla permette di nutrire la vita di nuovi valori; è la mancanza che richiama una determinata qualità, perciò diviene il presente luogo di semina, il futuro luogo di fioritura. Il punto debole offre l opportunità per prendersi cura della vita e per compiere il salto qualitativo ed evolutivo.
La terra è un luogo di crescita, è uno spazio di incontro dove si riconoscono le diversità, si svelano gli opposti, maturano le coscienze. È in un primo contatto che nasce quel legame tra diverse forze, la "tensione", ma è nel confronto che gli opposti si riconoscono ed è l inizio del dialogo.
Sono i poli opposti che attivano quel gioco di attrazione e repulsione che produce la danza della vita attraverso la quale gli estremi sono ricondotti a una nuova compenetrazione che li completa, lo zigote, che riproduce l unità dell origine.
L essenza, il primo significato, è contenuto per antonomasia nell archetipo che è il simbolo del "mistero".
Il simbolo educatore dell umanità conduce l uomo a comprendere il significato della forma. Il corpo ha tali possibilità di espressione nei suoi infiniti elementi organizzati che possiamo paragonare l intero organismo umano a un numero infinito di potenziali forme simboliche delle forze della vita.
Ad esempio il corpo maschile e quello femminile sono simboli di due poli opposti e complementari della manifestazione umana dell esistenza.
Il corpo umano necessita di un riscatto che onori la sua presenza in questa meravigliosa esistenza. Non va considerato come un mezzo inquinante dove pensiero, parole, azioni vengono generate allo stesso modo in cui sono espulse le tossine dall organismo.
Nell apparente solidità del corpo umano si cela un ondeggiante struttura fluida rappresentata dai liquidi, dai gas, dagli elementi subatomici.
Tutto del corpo suggerisce la possibilità di continui mutamenti, l evidente mobilità della colonna vertebrale, la libertà degli arti, la fitta rete elettrica delle vie neurali, le infinite strutture di canali che lo percorrono portando ogni tipo di informazione. Gli elementi microscopici e macroscopici si mescolano e si separano, a secondo del punto dell osservatore, mostrando ogni volta un aspetto nuovo della realtà che rivela una configurazione invisibile altrettanto fantastica di quella visibile.
La tecnologia moderna sta salendo il crinale della conoscenza, riscoprendo la validità di antiche tradizioni di culture millenarie.
Ma tutto questo come viene utilizzato? Cosa passa all uomo del quotidiano, quale conoscenza giunge nella cultura popolare?
Viene fatto un buon utilizzo di queste informazioni?
Sembra invece che diventi merce di guadagno e solo ciò che è commerciabile e quindi adattabile alla vendita viene riciclato e ceduto. Ci si dimentica che alla base di ogni azione vi è una forza che la sostiene la quale è rappresentata dall intenzione e sarà questa a determinare la direzione e il risultato dell operato.
Forse alla base del cattivo risultato c è la non conoscenza dell influsso che il pensiero ha sulla vita dell uomo, questo si riflette in una deresponsabilizzazione delle proprie azioni-pensiero.
La forma è il pensiero che si realizza, lo possiamo constatare ognuno sul proprio corpo, nell atteggiamento posturale, nell espressione del viso.
Ogni forma è sostenuta da una forza che è determinata da una particolare qualità della vita che significa una determinata funzione.
Il pensiero, ovviamente, si realizza nella forma e lo possiamo constatare nella realtà di cui ci siamo circondati, nei progetti realizzati, nelle città, nelle società.
Il processo della conoscenza è lungo e passa attraverso l esperienza della vita biologica, dei confronti tra gli esseri, della nascita di una famiglia.
L umanità, nonostante le apparenze, sembra essere alla ricerca di un dialogo perfetto, ma come realizzarlo è l impegno del quotidiano. Per alcuni "ricercatori" lo si trova nella meditazione, uno spazio disponibile al "confronto dialogante" tra sé e Sé, per altri sta nella ricerca scientifica.
Ferdinando Righetti Insegnante di Scienze motorie-Padova

Settembre 2006- Valfabbrica. Finalmente trovo solo ora un po' di tempo per sedermi di nuovo e scrivere quanto di interessante mi e' capitato di vivere a Valfabbrica nel mese di Settembre. Sono un bel po' rammaricato di non aver dato continuità maggiore al blog ma lo scorrere dell'esistenza non e' mai corredato dall'equilibrio nel suo svolgersi, per cui mi sono rassegnato verso quest’incedere sperando di non fallire comunque nell'intento dello stesso: raccogliere tante riflessioni per un’eterna ricerca.... Credo che nella vita alcuni attimi vadano fermati per cui eccomi qua nel descriverli con l'emozione che mi ha sempre accompagnato e che cercherò di trasmettervi.... Allora vediamo..... Nel mese di Settembre una mia amica Gabriella Lavorgna mi invita a Valfabbrica in occasione del meeting “l'Oriente incontra l'Occidente” per presentare un lavoro di biologia vibrazionale che avevo tempo addietro presentato con successo e non ho saputo resistere all'invito. Anzi, con l'occasione, ho proposto anche a mio figlio sedicenne Luigi, di farmi compagnia, non essendo ancora iniziata la Scuola, per poter così condividere insieme quest’esperienza. Entrambi siamo partiti carichi d’entusiasmo e dalla mia parte avevo già il ricordo della città di Assisi, limitrofa a Valfabbrica, che io adoro e che di tanto in tanto ritorno a visitare con estremo piacere per cercare un connubio tra corpo e anima. E' incredibile considerare che quando ci si predispone per un'esperienza del genere tante sincronicità sembrano accadere a far da corredo..... Eravamo quasi pronti nel partire quando Gabriella mi chiama e mi dice: Andrea, potresti portare con te, in macchina, il Sindaco della città di Rishikesh che e' arrivato a Fiumicino? Sai e' in atto un gemellaggio tra Valfabbrica e Rishikesh e il sindaco verrà per prendere parte ad una cerimonia ufficiale con il Comune, che ne dici? Non me lo sono fatto ripetere due volte ed eccomi pronto con la mia macchina all'appuntamento prestabilito.... Mi vengono incontro entrambi sorridenti, il Sindaco con consorte, nei loro tradizionali sahari colorati e con il consueto saluto indiano “Namaste” m’invitano con la loro interprete Rita, che da svariati anni vive in India, a soffermarmi a prendere un the prima di partire e caricare i bagagli. Accetto volentieri e con mio figlio scendiamo in un piano sottostante un palazzo che aveva tutta l'aria di un garage ma.....una nuova sorpresa sincronica stava accadendo.... Entrando in questo antro delle muse mi accorgo sin da subito che un garage non poteva essere: l'ambiente, pulito ed accogliente, senza sfarzi eccessivi, con un'architettura non delimitante, offriva quanto di meglio un'artista come me avesse mai desiderato: uno spazio ampio e disponibile per poter dipingere e creare....figuratevi la mia meraviglia!! Mi dicono, entrambi di essere stati ospitati da Emilio un artista che ha il suo antro creativo proprio lì e insieme abbiamo condiviso un momento magico.... Emilio Leofreddi ci racconta del suo recente viaggio in India che lo ha coinvolto pienamente come esperienza di vita a tal punto da farne scaturire una mostra intitolata “Dreams” e ci fa' vedere un filmato al computer che raccoglie questa sua esperienza realizzato con Paolo Brunatto della Rai che ha del meraviglioso....attimi dopo attimi si disvelano sotto i nostri occhi curiosi colori, luci, suoni, persone indù che sentiamo come fratelli, in un momento d’armonia assoluta, e le distanze vengono annullate.....Che splendore negli occhi di queste persone.... Al termine del Video sia io che mio figlio siamo estasiati da tutto questo e rimaniamo in silenzio chinandoci ad accarezzare i tappeti Tibetani che Emilio ha realizzato con un'Associazione Tibetana cercando con il tatto di carpirne tutta la loro sacralità.... Gli chiedo: Emilio ma che colori splendidi su questi tappeti...sono magnifici...come sono realizzati? Emilio mi risponde che i tappeti sono realizzati con telai dai tibetani tessendo circa mille nodi per pollice quadrato e che i colori non sono artificiali ma completamente naturali....quanta straordinarietà in tutto questo.... Non riesco a stare fermo nell'ambito in cui siamo ed osservo attentamente le tele di Emilio attaccate estemporaneamente sul muro bianco cercando di carpirne l'essenza che sottintende alla vita.... Mi accorgo gironzolando che prossimo allo spazio fisico di Emilio risiede un altro ragazzo con scrivania e computer che sta' progettando qualcosa sul monitor...mi spiega lui stesso, che quello e' un'altra persona che lavora in Project Design e che ha stabilito la sua dimora lavorativa presso di loro....ma non e' l'unico....”Qui siamo un po' di persone che lavorano assieme, anche se a prima vista in ambiti diversi, cerchiamo di fare ognuno del nostro meglio...c'e' uno scultore, un designer, un grafico, un pubblicista, un pittore come me e così via...”. Continuo a rimanere estasiato da tutto questo quasi come fosse un'effimera visione di un tempo passato che rischia di infrangersi contro una realtà comune che poco si presta ad una realizzazione in tal senso. Vorrei dire tante cose...ma mi soffermo meditabondo a riflettere sui tanti pensieri che ora affollano la mia mente e che percorrono a ritroso nel tempo i tanti progetti ed idee che ho cercato di mettere in atto tempo addietro...che bello sarebbe, penso, poter accomunare con Emilio in futuro le tante strade della cretivita' creando un connubio di intenti....e speranzoso inizio a congedarmi da lui e gli altri ragazzi ringraziandolo e ringraziandoli per questo percorso di vita entusiasmante all'interno delle loro anime sperando che ci si possa ritrovare al ritorno. Volevo spendere un solo attimo sul senso della sincronicità....e mi chiedo.... Possibile mai che alcune cose nella vita accadano per caso? Io non credo sia così e nella mia vita ne ho avuto dimostrazione più di una volta....penso che ogni evento sincronico della nostra vita sottintenda un significato che e' dato a noi disvelare sempreche' ci si trovi pronti ad osservarlo e viverlo....Sono sicuro che un tutt'uno risieda sotto l'apparente molteplicità della vita e che si arrivi a gustarne gli effetti se si vibra allo stesso modo...con le stesse frequenze....solo allora gli eventi possono cortocircuitare in dati di fatto....ma andiamo avanti.... Ci mettiamo in macchina e appena sistemati i bagagli partiamo alla volta di Valfabbrica. In macchina, ci si scambia pareri,impressioni e tutti assieme sembriamo comunicare ad piano superiore...le barriere linguistiche vengono infrante e come per magia riusciamo a comprenderci senza far fatica....Rita conosce molto bene l'indi ed io parlo un po' di inglese ma mi dice che entrambi comprendono pochi vocaboli in inglese e mi aiuta nel relazionarmi con loro ma tutto ciò non aumenta la nostra comprensione reciproca che si sta' svolgendo al livello del cuore.... Durante il viaggio che ci separava dall'arrivo ho avuto come la consapevolezza di trascorrere un tempo privilegiato assimilabile alla metafora del “viaggio della vita” di ciascuno di noi, senza limitazione alcuna, con quel senso che ci accomuna tutti come figli di una stessa energia che presiede l'universo e ci mette in comunicazione profonda non locale....nessuno escluso.... Che bello poter realizzare questo seppur per la durata di un viaggio che stava compiendosi.... Nel frattempo, rapito da questi pensieri, sono stato ricondotto alla realtà da uno squillo del suo cellulare che, impietoso del mio stato meditativo, mi richiamava all'attenzione verso la guida e la destinazione. Dall'altra parte del cellulare Gabriella ci sollecitava ad arrivare prima possibile perché le autorità di Valfabbrica erano già presenti ed in attesa del nostro arrivo....mi ero dimenticato di avere in auto il Sindaco di Valfabbrica e di dover partecipare alla cerimonia di gemellaggio per cui eccomi impetuoso alla guida per abbreviare i tempi. Con circa tre ore di viaggio eccoci comunque giunti nella piazza del paese che gremita di gente con il Sindaco ci fanno entrare per la cerimonia ufficiale presieduta anche dalla nostra comune amica Gabriella che vedendoci ci accoglie con un abbraccio ed il suo stupendo sorriso.... “Vi aspettavamo per la cerimonia della luce che poi e' quella d’apertura.....” e ci dirige verso una fontana colma d'acqua con tante candele che galleggiano in superficie...che spettacolo.....si sta' facendo sera e le luci sopra l'acqua, i suoni, gli odori di questo posto medievaleggiante mi gratificano del lungo viaggio e mi riempiono l'anima di immenso. In cerchio alcuni bambini cantano in girotondo la pace nel mondo e tutto assume un aspetto onirico, come se fossimo tutti parte di un grande sogno comune.... Mi sono chiesto, mentre si svolgevano le presentazioni ufficiali tra coloro che erano presenti e le autorità, se questo non potesse essere veramente l'inizio di una nuova era, di una nuova epoca per l'uomo nuovo che finalmente ritrova se stesso e gli altri, ed ho pregato fin dal primo momento in cui ho calcato il suolo francescano che fosse così....nel frattempo terminava il tanto atteso momento dell'arrivo ed il giorno volgeva al termine. Luigi, sopraffatto come me dalla stanchezza, m’incita a prenderci del meritato riposo in vista dell'impegno del Convegno del giorno dopo, e dopo una cena in una trattoria della zona ci congediamo da tutti. Che bella la locanda in cui siamo alloggiati...ben curata, pulita ed essenziale... La signora che lo gestisce con l'amore che contraddistingue la gente di Assisi e dell'Umbria in genere, ci accoglie in modo magnifico facendoci subito sentire a casa nostra. Ci dice “non avete il bagno in camera....mi dispiace....ma era l'ultima stanza disponibile che avevamo...” rispondo” non credo sia un grosso problema usufruire di un bagno esterno, siamo qui io e mio figlio, per percorrere un cammino comune di crescita ed in questo non credo che rientri questo tipo d’assenza....” Sorridendo si congeda da noi augurandoci la buona notte. Raggiungendo la camera oramai esausti ma felici conquistiamo reciprocamente il letto in un battibaleno. Sdraiati sul letto commentiamo l'esperienza appena trascorsa ed io, in particolar modo verso me stesso, ringrazio Dio per avermi offerto questo momento con mio figlio che va' verso la maggiore età con fierezza e disincanto..... non ho avuto durante l'anno molti momenti come questo per poter stare assieme, parlare, confrontarci, scambiarci idee.... Assopito tra i miei pensieri abbandono la mia anima al riposo notturno. Al risveglio, la luce riempie la stanza, mi alzo cautamente per prepararmi al nuovo giorno e sveglio Luigi che ama un po' più di me poltrire al letto ancora un po'.... Mi accorgo di non aver disfatto le valigie la sera precedente ma poco importa, le priorità sono ben altre e mentre mi accingo ad usufruire del bagno esterno mi accorgo di avere in camera un lavandino con degli asciugamani.....che strano e' stato per me accorgermi di questo.... Mi ricordo, che quando ero piccolo, nel 1962, i miei abitavano in una casa antica e benestante del quartiere Parioli di Roma in cui non mancava niente d’essenziale, ma come confort ogni tanto veniva a mancare qualcosa perché erano i tempi in cui “non si poteva avere tutto”. Ricordo ancora oggi, che quando veniva l'inverno il letto non si scaldava mai e la notte chiedevo sistematicamente a mia madre di riscaldarmelo con quello che allora io avevo denominato “il siluro” una sorta di bobina metallica con resistenza interna che una volta applicato alla rete elettrica si surriscaldava all'inverosimile sino a diventare bollente. Tale oggetto una volta riscaldato veniva arrotolato in un panno protettivo, per evitare di prendere scottature, e poi introdotto nel letto. Di volta in volta, veniva rigirato, per dare una uniformità di calore ma spesso non ci si riusciva. Sono cose inconcepibili per i tempi odierni e se parlassi a mio figlio di tutto questo credo che sgranerebbe gli occhi avendo i termosifoni installati in casa. Voi direte: ma il lavandino? Anche lui mi riapre una finestra infantile sul passato visto che nel paese di mio nonno Agostino, Cave, a circa 40 Km da Roma, spesso era consuetudine avere il lavandino separato dal bagno, proprio come qui a Valfabbrica..... Mi lavo vigorosamente il viso e pervaso dal sapore di quegli anni oramai lontani risveglio Luigi riassopitosi di nuovo tra le braccia di Morfeo. Dopo un'abbondante colazione eccoci pronti a raggiungere la sede del meeting che già brulica di gente in attesa dei primi relatori. Ci sediamo ai primi posti e dopo una breve introduzione di Gabriella si comincia. Si succedono uno dopo l'altro vari relatori... Ognuno tra loro e' capace di dare il meglio di sé perché percepisce d’essere testimone di un evento privilegiato ed unico per il momento che si sta' vivendo. Il prof. Vittorio Marchi ed il dott. Corbucci ci parlano di Fisica e d’atomi e di come oggi si siano fatte delle conquiste fino ad ieri inimmaginabili, che porteranno inevitabilmente noi stessi verso una nuova era, in cui tutta la nostra conoscenza contemporanea dovrà essere rivista. Piano, piano l'atmosfera si carica dell'energia delle tante persone presenti che ostentano domande e curiosità a non finire sebbene il tempo a disposizione non sia mai abbastanza. E' inutile dire che anch'io nel momento in cui sono stato chiamato in causa come relatore ho provato un'emozione incredibile come mai mi era capitato. Ero in territorio francescano per portare la mia testimonianza come uomo e ricercatore ed ho cercato di non estromettere nulla di importante e sostanziale dal mio discorso soprattutto considerandomi anch'io testimone di un cambiamento epocale. Credo che sia sufficiente soffermarsi a riflettere sulle dimensioni del nostro universo che e' nell'ordine di miliardi d’anni luce e del nostro limitato interagire con il mondo circostante tramite i cinque sensi per poter dedurre il nostro limite umano. Il nostro accademismo ci porta ad una cecità mentale che non ci aiuta a scoprire nuovi processi che la natura semplicemente manifesta, se non per errore; basta in tal senso ricordare l'impregnazione argentica di Golgi sui neuroni, che finalmente consentì di visualizzare le cellule del tessuto nervoso al microscopio. Ne potremmo elencare innumerevoli altri. La nostra tecnologia tra l'altro, anche se all'avanguardia, potrebbe non essere in grado di rilevare un determinato fenomeno, perché ancora non sufficientemente adeguata, quindi.... Ripartire da questo punto significa gettare le basi per una nuova scienza che sia in grado di rivedere se stessa a 360 gradi, senza preclusioni di sorta. Ci sono ad oggi dei genetisti di chiara fama come Giuseppe Sermonti o dei biologi come Rupert Sheldrake che stanno percorrendo questa via assieme ad altri e mi sorprendo a pensare che verrà un giorno in cui tante menti collaboreranno per un fine comune che non sarà coperto solo da un brevetto o da un risvolto commerciale.... Al termine della conferenza tanti altri relatori colpiscono la mia attenzione e sarebbe qui di seguito troppo lungo dialogare su tutti ma una cosa di certo ci ha accomunato tutti: la consapevolezza di far parte di un cambiamento in atto, ognuno nel suo specifico settore d’interesse. Ma la folgorazione totale e' avvenuta con la conoscenza di Francesco Aiello e dei suoi amici. Credo che in tal senso sia stata una delle esperienze più forti della mia vita.... Vengo al dunque.....Durante una delle serate del meeting ci eravamo già proposti di andare a visitare una chiesina sconsacrata limitrofa alla sede e così eccoci pronti ad andare. Non avevamo ancora ben chiaro che all'interno si stava svolgendo un piccolo concerto con degli strumenti particolarissimi ancora non molto ben conosciuti qui da noi: piano armonico, didgeridoo e percussioni. Di nuovo, penso che le cose non accadano per caso ed in fin dei conti la mia passione per la musica mi aveva portato a Valfabbrica per presentare un lavoro inerente la biologia sonora e per cui lascio a voi ogni deduzione. In particolare avevo avuto, in passato, un approccio verso questo strumento aborigeno denominato didgeridoo, ed ero rimasto estasiato dalla sua capacità di generare armonici nell'emissione sonora. Lo strumento e' ricavato da un ramo d’eucalipto scavato dalla termite che viene poi in seguito svuotato dall'uomo. Esistono didgeridoo non solo d’eucalipto ma anche di teak od altri tipi di legno. Viene definito un aerofono naturale, senza fori ad ancia labiale e risulta essere uno dei strumenti più antichi che si conoscono, si parla infatti di un suo utilizzo risalente a 40000 anni fa'. Tra l'altro, tramite esso, sono entrato in contatto con la cultura aborigena che e' legata al periodo del “dreamtime” dove il legame tra terra e cielo era un tutt'uno e le divinità dimoravano sulla terra. Tuttora gli aborigeni considerano sacra la loro terra perché vedono soggiornare in essa le divinità discese sulla terra ed e' vergognoso venire a conoscenza dello stato d’abbandono e del mancato rispetto a livello sociale e umano a cui sono sottoposti. Comunque, torniamo al concerto nella chiesina....Sedendoci veniamo rapiti da questi suoni ancestrali e ci lasciamo andare ad occhi chiusi per percepirne la vibrazione più sottile capace di sciogliere qualsiasi nodo interiore e ne siamo letteralmente sopraffatti per tutta la durata del concerto di circa mezzora. Al termine sia io che Luigi conosciamo Francesco che poco prima stava suonando il didgeridoo ed il contatto e' sin da subito profondo...interiore...come se ci fossimo conosciuti da sempre. Con i suoi modi gentili ed i suoi capelli rasta ci da' un po' più di nozioni su questo strumento sacro e ci comunica con la sua presenza quanto ci sia di più essenziale nella nostra esistenza: la nostra semplice umanità, lo scoprire giorno dopo giorno che per vivere felici non sono necessari ne’soldi, ne’carriera ma semplicemente pace e realizzazione personale. Non a caso, gli ho detto, ti chiami Francesco e forse con la tua vita, hai già avuto modo di incontrare la “perfetta letizia”... Sorride e mi dice indicando dei bambini che giocano nello spazio circostante il nostro: “Guarda questi bambini....nella loro semplicità e' racchiusa la loro ricchezza, loro sono i veri nostri maestri...” Quanta saggezza in queste frasi...se fossimo capaci di far nostre queste semplici parole avremmo trovato il vero fine della nostra esistenza umana: la pura e semplice consapevolezza del nostro piano divino di perfezione.... vero motivo della nostra presenza sulla terra... Ad oggi, quello di cui abbiamo parlato, mi suscita un'emozione incredibile e cerco fortemente di tradurre nella mia vita di tutti i giorni questi pochi ma essenziali pensieri per farli maggiormente miei... Essendo assetato gli propongo di bere un bel bicchiere d’acqua umbra assieme ma mentre mi accingo a prendere la mia piccola bottiglia d'acqua mi dice: “Aspetta, adesso ti faccio assaggiare dell'acqua dinamizzata.....” Rimango incuriosito da tutto questo e resto a rimirarlo mentre capovolge una bottiglia in vetro accoppiata ad un'altra tramite un dispositivo blu che consente il passaggio dell'acqua da una parte all'altra e.....incredibile....l'acqua defluendo da una bottiglia all'altra crea un vortice che mi rammenta il DNA, la sua struttura ad alfaelica e sono semplicemente senza parole..... Mi dice: ”Sono necessarie tre o quattro inversioni per ridare vitalità all'acqua” Gli dico:”Come sarebbe a dire, cosa significa ridare vitalità all'acqua....non lo era prima?” Sai, mi risponde “la nostra acqua già immagazzinata in bottiglie di plastica perde molta della sua energia...se poi a questo fa' seguito un'immobilità' continua nelle stesse cosa vuoi che rimanga....in genere l'acqua scorre continuamente dalla sorgente alla foce e compie percorsi tra montagne e valli....da bambino non hai mai bevuto dell'acqua che sgorga dalla roccia? Non credo che l'acqua di oggi sia la stessa di allora, l'acqua di oggi e' morta...”. Rimango a meditare su questa considerazione e bevendo il bicchiere d’acqua “dinamizzata” che Francesco mi offre ritrovo quella passione che avevo da bambino quando, pur bagnandomi, con la bocca mi accostavo alla roccia per bere l'acqua che ne fuoriusciva....che bello....ritrovare quel senso d’unicità con la natura e noi stessi. Lo ringrazio per questi momenti e gli propongo di rivederci nei giorni seguenti per scambiarci ancora tanti pensieri e Francesco, non finendoci di sorprendere, ci invita per un massaggio sonoro con il didgeridoo per il giorno seguente.... Luigi rapito da questi discorsi credo abbia tratto da questo tipo d’esperienze un'occasione di crescita interiore ed umana non indifferente a tal punto che per il giorno dopo era già pronto a sperimentare il massaggio sonoro di Francesco. Stendendo una leggera coperta e trovato un angolino tranquillo Francesco invita Luigi a stendersi. Mi sono sentito testimone di un evento molto forte e da una parte ho assistito a ciò che Francesco si accingeva a fare. L'aria colma di una sacralità diffusa ha profuso quegli attimi che nella vita si dimenticano difficilmente. Il suono ancestrale del didgeridoo investe il corpo di Luigi con una vibrazione e degli armonici incredibili massaggiando i chakra. Ad occhi chiusi mi lascio cullare dal suono e non sono più consapevole del trascorrere del tempo.... un attimo di eternità.... Quando riapro gli occhi mi rendo conto che Luigi e' ancora disteso e stenta a riprendere coscienza. Guardo Francesco e sorrido pensando al momento irripetibile che stiamo vivendo, quasi fosse un dono speciale che ci viene dato.... In risposta Francesco mi dice:”Non ti preoccupare...sta' bene...e' solo andato un po' in alto....dovremo dargli tempo per riprendere possesso della sua corporeità....” Ho osservato Luigi in quello stato estatico ed ad amor del vero l'ho invidiato un bel po', in modo benevolo chiaramente, ed i pensieri che andavano e venivano nella mia mente lo riguardavano... pensavo alla sua carica energetica, al suo correre quando era bambino....in fin dei conti pensavo alla vivacità di tutti i bambini e mi domandavo “ non ho mai visto mio figlio così rilassato....” Ho avuto così conferma ancora una volta della profonda efficacia del suono e della vibrazione ed ho pensato che anche noi vibriamo....nelle nostre cellule e negli atomi che le compongono . Nell'universo tutto vibra e la recente Teoria delle stringhe in fisica ce lo dimostra....e quindi....mi spingo a pensare che forse anche noi siamo suono per questo percepiamo tutta l'armonia del mondo quando siamo pervasi dalle vibrazioni sonore. Con Francesco e Luigi ci siamo abbracciati a lungo e non sono riuscito a trattenere le lacrime.... Luigi stesso mi prende da parte e mi dice “Papà non ho mai provato una sensazione del genere...il suono sembrava entrarmi dentro e risuonare con tutto il mio corpo....”. Insieme credo si sia vissuto un momento che rimarrà indelebile nella nostra memoria e che starà a noi custodire gelosamente nel cuore per tutta la vita. Il “dono” di quest'attimo credo sia stato una delle esperienze più preziose che ho avuto a Valfabbrica perché mi ha concesso di avere la consapevolezza come essere umano d’essere parte di un tutto, di un amore che pervade tutti gli esseri viventi, che abbatte le barriere di ogni tipo e ci fa' riconoscere nella nostra unicità. Credo che Francesco d'Assisi che presiede questa terra sia stato, seppure in modo invisibile, parte in causa ed artefice di questo “miracolo”. Per tutto ciò che ho vissuto mi e' rivenuto in mente anche la figura di Tiziano Terzani....chi ha letto i suoi libri ed ha avuto la fortuna di conoscerlo sa di che cosa sto parlando.... Così si sono conclusi questi giorni a Valfabbrica che sono letteralmente volati durante lo svolgersi del Meeting. Mi sono quasi dimenticato di mangiare e di bere, la sera stentavo ad addormentarmi e soprattutto non mi sono sentito mai stanco nonostante si sia fatto tardi sistematicamente. La gioia mi ha accompagnato sempre e credo che difficilmente potrò dimenticare i momenti trascorsi assieme al dott. Arizzi ed il dott. Corbucci e anche con tutti gli altri.... Benedico Gabriella Lavorgna che e' stata l'artefice di questo momento stupendo ed unico sperando che possa riproporre negli anni a venire questi attimi di confronto e di crescita. Con la macchina sia io che Luigi vediamo scorrere dai finestrini il paesaggio di Valfabbrica per tornare a Roma ma un po' di noi e' rimasto lì......

C’era una volta un pino....si ergeva alto e fiero di fronte alle finestre della mia abitazione...
Quanti momenti abbiamo trascorso assieme sin dalla mia infanzia....Dai vetri osservavo le sue fronde scuotersi al vento ed offrire riparo agli uccelli...Con i primi freddi ho avuto modo di veder scendere la neve e rendere le sue chiome innevate come un anziano saggio porta fiero la sua barba ormai bianca...Che emozioni ho avuto nel vederlo ogni mattina al risveglio darmi il suo saluto,quasi non sentivo di essere in città con il suo apparire tra il cemento grigio dei palazzi circostanti.
D’estate poi quante feste si sono svolte al riparo dalla calura nella casa che lo ospitava....sino a tardi è stato partecipe della gioia circostante degli intervenuti.
A volte mi sono chiesto quante persone aveva consolato con la sua fierezza e con le sue fronde verdi tra i tanti occhi celati dietro le persiane ed i vetri circostanti...chissà quanta solitudine affievolita nel divagare dei pensieri...chissà quanto dolore è stato dissipato....
Ed è così che io sono cresciuto...alla presenza di questo splendido albero che a nessuno ha chiesto qualcosa in cambio...
Ma purtroppo, un bel giorno, un rumore assordante mi ha svelato quello che non avrei mai osato pensare.....Una lama affilata ne stava recidendo i primi rami....Ho provato un dolore sottile....difficile da tramutare in parole...Ho pensato ad una potatura a tarda stagione ma sapevo dentro di me che il cuore non mentiva.....Di lì a poco ecco che la squadra degli uomini si accingeva a tagliarne il tronco...a quel punto ho avuto la certezza di ciò che avevo presunto...Lo stavano eliminando senza pensarci troppo come si fà con le cose di cui non ci si cura più ed il pensiero è tornato alla memoria degli anni trascorsi con i bambini che giocavano sulle sue radici....I proprietari erano assenti o perlomeno nascosti alla vista della gente...chissà cosa hanno pensato della dipartita di questo loro amico che gli è stato sempre a fianco...Forse qualcuno si era lamentato della sua imponenza o forse la decisione poteva avere come motivo valido la sicurezza circostante, fatto stà che nessun motivo avrebbe potuto giustificare un’esecuzione del genere....
Mi è sembrato di percepire nel sottile urla strazianti ed ho pianto volendomene non fare una ragione....
Ho pensato a qualche azione da intraprendere ed ho pensato a Julia Hill detta Butterfly,farfalla, che per lungo tempo ha vissuto sulla cima di una sequoia gigante negli States per impedirne il taglio, rischiando anche di morire....Solo ora la sacralità del suo atto prende forma estrema e ne onoro la presenza su questa terra....Che Dio la benedica sempre per ciò che è riuscita a fare...Io non ne sono stato capace.....Che vigliacco che sono stato rimanendo a contemplare tutto questo....Ero come irrigidito ed inerme nell’azione.......ad oggi me ne vergogno un pò....Forse avrei potuto fare qualcosa o forse no....Non lo so.....
Sono uscito sul balcone e come me tanta altra gente era affacciata ed uno strano silenzio ridondava intorno al rumore della motosega sembrava quasi di assistere alla morte prematura di una persona cara......Un dolore profondo vedeva portar via pezzi di tronco su un camion vicino e la mia vista sembrava non volersi distogliere da quello scempio per averne quanta più memoria dell’umana triste attitudine.....l’erba che sconfina dalle aiuole, d’altro canto, deve essere rimessa al suo posto con il tagliaerba.....
Triste ed effimera è la vita per colui che non consente il naturale fluire delle cose pensando di rimettere tutto a posto in questo modo.....non si può deviare il percorso di un fiume......
Sono rimasto lì sino alla fine quando l’ultimo pezzo di tronco è stato preso sù nel camion che andandosene è scomparso all’orizzonte con le sue spoglie....Non avevo più fame...Non avevo più nulla....Il tempo sembrava non trascorrere più.....Sapevo che da questo momento in poi non sarei stato più quello di prima....Tutto avrebbe assunto un aspetto diverso...sicuramente ero consapevole di essere più povero e forse anche tutti gli altri che avevano assistito lo erano....
L’ultimo pensiero, quasi un regalo sottile del mio fratello albero è stato quello che di più sino ad oggi mi conforta...donarsi senza nulla in cambio....Questo credo sia stato il messaggio più profondo che mi ha voluto lasciare come vera testimonianza....
In fin dei conti, anche quelle sue spoglie, sino al sacrificio ultimo, sarebbero servite nei camini per riscaldare alcune persone nelle loro case e magari le ceneri per concimare le piante di altri giardini.....è così che và il grande cerchio della vita.....
Credo che ad oggi in un’altra pianta di quei giardini ci sia un pò del mio amico albero che tanto ha fatto per me....Non importa che io non lo veda più.....Forse lui è ancora lì testimoniando a chi sà vedere oltre che la chiave dell’immortalità è in tutto questo....
Questo scritto è in sua memoria e prende forma da un atto di grande ringraziamento....



Il Didgeridoo...questo strumento continua ancora ad affascinarmi...

L'azione rilassante viene veicolata dal suono del didjeridoo attraverso un tipo di massaggio che non prevede il contatto fisico diretto tra chi lo effettua e chi lo riceve.

Il didjeridoo è uno strumento a fiato ottenuto da un ramo di eucalipto scavato dalle termiti: si presenta come un vero e proprio "tubo" di legno che viene suonato facendo vibrare le labbra appoggiate sulla sua imboccatura.

Considerato dai Nativi Australiani uno strumento sacro, il didjeridoo è utilizzato in diversi rituali e cerimonie per raggiungere livelli di comunicazione superiori e per accedere al Dreamtime, quella dimensione spazio/temporale che nella cosmogonia aborigena rappresenta un continuum creativo in cui tutto ha avuto e continua ad avere origine. La peculiarità di questo strumento risiede nella produzione di una straordinaria quantità di armonici (unità fondamentali dei suoni complessi) che hanno la capacità di influenzare il nostro stato di coscienza.

Nella pratica chi si sottopone al trattamento si sdraia supino a terra con vestiti comodi e occhi chiusi. Il massaggio si svolge dunque indirizzando la bocca del didjeridoo - e quindi le vibrazioni che da essa fuoriescono - lungo meridiani energetici e chakra, contribuendo in questo modo alla risoluzione di blocchi energetici.

Il trattamento, tuttavia, non si limita ad una sorta di "impacco" sonoro indirizzato sulla parte dolente, ma può essere ricondotto ad un livello di efficacia ben più profondo: la mente reagisce attivamente a particolari stimolazioni acustiche, sintonizzando il proprio regime di funzionamento su frequenze omologhe a quelle di suoni indotti dall'esterno: le onde meccaniche (suono) percepite influenzano le onde elettromagnetiche (onde cerebrali) prodotte dall'attività elettrochimica del cervello, influenzandone la frequenza e quindi gli stati di coscienza ad esse associati.
Modulando accuratamente il suono, si ristabilisce il naturale flusso energetico e dunque le contrazioni muscolari di origine psicosomatica si risolvono: rilassando la mente si interrompe il circolo vizioso contrazione-infiammazione riconducendo ad un naturale stato di benessere. Una specifica tecnica chiamata "respirazione circolare" permette di non interrompere mai il suono per tutta la durata dell'applicazione (circa 20-30 min.), dando così modo all'operatore di modulare il suono, enfatizzandone determinate frequenze secondo i bisogni di ogni soggetto.

Il suono del didjeridoo vince la tensione e infonde una profonda e duratura sensazione di rilassamento ed equilibrio: il massaggio sonoro induce sensazioni di galleggiamento, di discioglimento e di unità di mente e corpo nel suono, di estrema consapevolezza, al pari di quelle provate attraverso tecniche di meditazione e di controllo del respiro. La fruizione è molto piacevole e, anche prescindendo dalle implicazioni rituali originarie, ha un potere distensivo su chiunque.